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Fiori di Bach e vitamina D non servono a curare il Parkinson

Neurologia Redazione DottNet | 03/12/2019 18:45

Lo chiarisce la rubrica anti fakenews degli Ordini dei Medici

La vitamina D e i fiori di Bach non servono ad alleviare i sintomi del Parkinson, la malattia neurodegenerativa più diffusa dopo l'Alzheimer. A ricordarlo è la rubrica online anti fakenews "Dottore ma è vero che che...?", a cura della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici (Fnomceo). La malattia prende il nome dal medico inglese James Parkinson, che ne pubblicò la prima descrizione nel trattato An Essay on the Shaking Palsy del 1817. Ad oggi non è stata ancora trovata una terapia in grado di arrestare lo sviluppo di questa malattia, tuttavia esistono diversi trattamenti che possono controllarne i sintomi, migliorando la qualità di vita dei pazienti.

Tra questi, alcuni siti online annoverano i fiori di Bach, una terapia alternativa che ritiene che tutte le malattie abbiano un'origine psicosomatica e che le essenze dei fiori possano influire sulla psiche umana. Ma prendendo in esame le revisioni sistematiche di studi in materia, su tutte quella del 2010 Edzard Ernst, non ci sono dubbi: l'efficacia dei fiori di Bach per il trattamento di qualunque condizione non è mai stata provata. Alcune ricerche sembravano dimostrare, invece, un'azione della vitamina D sullo sviluppo di del Parkinson: l'ipotesi era basata sul fatto che i pazienti che ne soffrivano tendevano ad avere bassi livelli di vitamina D rispetto a persone sane. Ma uno studio condotto dall'Università australiana di Adelaide e pubblicato su Nutritional Neuroscience nel 2018, ha concluso che la vitamina D non ha benefici sulle malattie del cervello, come Parkinson e Alzheimer. 

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fonte: Nutritional Neuroscience

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